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Luca di Volo & Tancredi

Esiste una possibilità pressoché illimitata di “trattare” idee e concetti sotto forma di immagini. Ma è solo attraverso l’elemento vibratorio, verbo o pneuma  che si voglia chiamare, che il Tempo irrompe nello Spazio del concetto e lo anima.
Poiché, anche se Dinamica e Agogica possono essere percepiti da un’intuizione cinestetica, solo l’esperienza temporale, l’incarnarsi dell’idea attraverso il pneuma, può rendere la pienezza del vissuto. 
                                                      
La natura vibratoria degli eventi si organizza culturalmente in sistemi che assumono nomi diversi al variare dell’intensità della frequenza: luce, colore, suono, alternanza, scuotimento; il Musicoreuta opera sulle relazioni fra questi sistemi.
Il procedimento tecnico posto in opera si propone come strategia di recupero della piena vitalità espressiva dell’azione attraverso una consapevolezza corporea disciplinata nell’uso della proporzione in relazione ai vari piani vibratori.

Partorito nel corso di una prolungata collaborazione con l’Opera di Vienna e da ricerche in campo ergonomico (vedi curriculum), il Musicoreuta si da’come figura interdisciplinare per eccellenza.
La performance del Musicoreuta appare come un’elaborata polifonia di voci molteplici spesso dissonanti, di comportamenti, di idee pensate più volte nella storia dell’umanità in luoghi e tempi diversi, nate e tramontate nell’alterna vicenda di memoria e oblio.

                                                     
Il contenuto onirico e paradossale ma al tempo stesso maniacalmente strutturato fonda un’estetica in cui etica della memoria e responsabilità di un modo di sentire si sostituiscono drasticamente al “senso del bello”.

Come lo spazio vuoto fra le colonne determina il senso del colonnato, così il Musicoreuta rivela, nel corrispettivo intervallo temporale che separa un gesto sonoro dall’altro, proporzioni e modelli archetipici: Pitagora, Fibonacci, Galton, Prahnayam modulano in un corpo dinamico le figure dell’inconscio, l’eterno presente.
Da questo terreno di stratificazioni concettuali e tradizioni comportamentali osmoticamente incrociate, scaturisce un’analoga prospettiva di recupero organologico che incrocia fra loro strumenti, desueti o creati ex novo, con prassi esecutive eterogenee.

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